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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

"Al Ruggi ci impediscono di assistere i nostri familiari": il disperato appello al direttore D'Amato

"Pensavamo che dopo il Covid negli ospedali avremmo respirato maggiore umanità, specialmente dopo le tante vittime registrate- ha riflettuto un'altra lettrice- Invece, in molti casi, notiamo una disumanizzazione del personale infermieristico ed OSS: mia zia allettata aveva chiesto degli occhiali da vista all'operatrice che, non curante, le ha risposto di essere impegnata altrove e non ha svolto il suo lavoro. Mia zia, per vedere, ha dovuto quindi attendere il mio arrivo. Le ho dato gli occhiali e ho tentato di rincuorarla. Uno strazio"

"Ci hanno impedito di vedere mio marito che è morto 48 ore dopo, durante il ricovero, da solo, in un letto d'ospedale". "Possiamo salutare i nostri cari solo per un massimo di 15 minuti giornalieri: non possono che restare nella solitudine più assoluta, senza neppure il conforto di volti amici". "Nostra madre non è lucida e, nonostante questo, ci è stato impedito di assisterla: possiamo solo farle visita in un tempo ristrettissimo, a tutto danno della sua condizione psicologica e non solo". Queste sono solo alcune delle segnalazioni giunte in redazione da parte di lettori disperati, con pazienti ricoverati in diversi reparti del Ruggi (Ematologia, Chirurgia d'Urgenza etc). Nonostante l'emergenza sanitaria sia terminata, infatti, dopo il Covid, la maggior parte dei reparti ospedalieri continuano a ridurre al minimo - se non a chiudere completamente - l'accesso dei familiari dei degenti alla struttura sanitaria salernitana. Le "notti trascorse in ospedale" accanto a chi è ricoverato, risultano, dunque, inspiegabilmente un lontano ricordo. Non solo: addirittura la possibilità di visite da parte dei familiari è concentrata in un arco di tempo ridottissimo, senza eccezione alcuna. Ad esempio, ad un anziano con demenza senile o con altra patologia, non autosufficiente, viene riservato lo stesso trattamento di altri pazienti che non soffrono delle stesse delicate patologie: come osservato da alcuni lettori, dunque, la condizione di isolamento e solitudine non può che aggravare le sofferenze già inevitabilmente patite da chi è in ospedale, per cause di forza maggiore.

Le denunce e la riflessione

Risulta complesso, comprendere le ragioni alla base delle scelte restrittive, post Covid, di alcuni dirigenti medici, specie ricordando come la sfera psicologica e quella emotiva dei pazienti, abbiano certamente ripercussioni anche sulle condizioni fisiche e sanitarie degli stessi. "Con la scusa del Covid, non ci permettono di stare accanto ai nostri familiari - ci scrive una cittadina salernitana- La paura del contagio non c'entra nulla, perchè a nessuno è stato chiesto l'esito di un tampone negativo per introdursi nei reparti. E poi, come è noto, è sufficiente indossare la mascherina ffp2 per non trasmettere virus". "Sarei disposto ad effettuare ogni giorno un tampone a mie spese, se questo bastasse a consentirmi di stare vicino a mia moglie che è ricoverata e che si sente sempre peggio, da sola, nel letto di ospedale", incalza un anziano che, ignorando ogni difficoltà, desidererebbe tanto trascorrere la notte sulla sedia, accanto alla sua consorte con grave patologia. Se "la chiusura" o la "semi-chiusura" delle visite al pubblico dipendesse da eventuali timori di contagio, del resto, sarebbe sufficiente prevedere l'attuazione di precauzioni anti-Covid per gli accessi degli esterni. O, ancora, richiedere l'esito negativo di un tampone e il rispetto delle norme igienico-sanitarie utili, a chiunque offra assistenza notturna in ospedale. Per ogni problematica, è possibile studiare ed attuare una soluzione. "Pensavamo che dopo il Covid negli ospedali avremmo respirato maggiore umanità, specialmente dopo le tante vittime registrate- ha riflettuto un'altra lettrice- Invece, in molti casi, notiamo una disumanizzazione del personale infermieristico ed OSS: mia zia allettata aveva chiesto degli occhiali da vista all'operatrice che, non curante, le ha risposto di essere impegnata altrove e non ha svolto il suo lavoro. Mia zia, per vedere, ha dovuto quindi attendere il mio arrivo. Le ho dato gli occhiali e ho tentato di rincuorarla. Uno strazio".

L'appello dei cittadini a Vincenzo D'Amato, Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero Universitaria "San Giovanni e Ruggi d'Aragona"

Chiediamo la possibilità, in ogni reparto, di trascorrere le notti accanto ai nostri cari ricoverati e l'ampliamento degli orari di visita giornalieri, sempre munendoci di dispositivi anti-contagio e, qualora utili, di ulteriori precauzioni anti-Covid da voi indicate.

Le chiediamo, con il cuore in mano, di consentirci di assistere i nostri familiari come in tempi pre-Covid, risparmiando, a chi già soffre in un letto di ospedale, ulteriori disagi di natura psicologica ed emotiva.

Che l'ospedale torni a mettere al centro i bisogni dei pazienti, sanzionando e punendo gli operatori inefficienti, nel rispetto della missione della Medicina stessa.

La risposta del Direttore D'Amato


 

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